La mia Epifania
- Laura Berti
- 6 gen 2020
- Tempo di lettura: 2 min

Prendendo spunto da questa giornata (6 Gennaio) e dal significato letterale della parola Epifania (manifestazione, apparizione), inizio il primo articolo di questo blog raccontandovi la “mia Epifania educativa”.
Fin da adolescente ho sempre lavorato con i più piccoli come educatrice, nello specifico come educatrice sportiva nella società pallavolistica della mia città.
Sono stata sempre presuntuosamente attratta dall’idea di “insegnare” a qualcuno, di “imparargli” qualcosa, di “portarlo” a fare bene, di “indirizzarlo”, di “orientarlo”.
Sottolineo con presunzione.
E così via nei vari tirocini formativi universitari, nelle prime esperienze lavorative nel sociale.
Anche quando ho avuto la meravigliosa opportunità di aprire il Centro Educativo Marameo nel 2010, in collaborazione con una collega, sono stata sempre convinta di essere io a dover trasmettere qualcosa, a spiegare, a far vedere.
Insomma un egocentrico circuito di pensiero fatto di IO.
Poi un’apparizione, un’Epifania appunto: un articolo su Facebook di una scuola di formazione post universitaria ( l’ISFAR).
Letto tutto d’un fiato.
E giù via, letti e riletti altri articoli della bacheca andando a ritroso nel tempo.
Ricominciare?
Sì!
Ho ricominciato.
Ho frequentato un altro corso in Pedagogia, sebbene fossi già laureata in Pedagogista della Marginalità e Disabilità.
Sono stati due anni estremamente faticosi, ma che hanno cambiato di gran lunga il mio modo di concepire l’educazione, oltre che me stessa.
In primo luogo perché mi ha mostrato come il protagonista della relazione educativa fosse l’altro e non io.
Banale?
Sicuramente! Ma fino a quel momento, travolta dall’agire educativo, era rimasto un concetto astratto nella mia mente, senza mai metterlo realmente in pratica e capirne davvero il senso.
Col passare del tempo mi sono innamorata della Pedagogia Clinica del Prof. Pesci: una pedagogia che non si adatta alle carenze della persona, né si limita a un intervento basato su un elenco tecnicistico di esercizi su schede e monitor, ma che suggerisce esperienze originali, impiega combinazioni di scambio capaci di orientare la persona nel mondo della relazione, che favorisce l’intesa e dà sapore alla vita.
Un nuovo punto di osservazione e soprattutto di azione. Termini che già conoscevo e avevo studiato, mi si sono rinnovati nel loro significato.
Come la parola “Clinico” nel senso di “aiuto alla persona”, opposto all’attività clinica sanitaria orientata all’esame, cura, studio del malato o della malattia, ma uno studio, analisi, verifica, progettazione ed intervento portato e diretto alla singolare individualità delle persone, dei gruppi e delle situazioni.
Oppure l’espressione “conoscenza dell’altro” non come individuazione delle aree di carenza, ma delle Potenzialità, Abilità e Disponibilità, ovvero cercare le aree di “educabilità della persona” secondo un’ottica globale e non di definizione classificatoria, né di identificazione del deficit.
In conclusione, la mia Epifania educativa: è stata conoscere un intervento educativo, come di aiuto, non come correttivo; è stata capire che l’intervento pedagogico non cura, non insegna né ammaestra, ma a partire da una difficoltà, facilita la persona a superare la situazione problematica e stabilire un nuovo equilibrio.
La mia Epifania è stata avere come scopo quello di stimolare la persona, in qualunque età e qualunque momento, a scoprire in se stessa le proprie potenzialità e sviluppare abilità e disponibilità.
Comments